Fuori dalla cronaca

UN GIOVANE QUALSIASI

576px-Leopardi,_Giacomo_(1798-1837)_-_ritr._A_Ferrazzi,_Recanati,_casa_Leopardi

“Era come parlare con lui, la reincarnazione di Giacomo Leopardi davanti a me, eppure non so come sia potuto accadere, ma quel ragazzo dell’ultimo banco, svogliato e lavativo, mi ricordava sempre di più il poeta recanatese. Con il passare dei giorni divenne ancora più simile a lui, stava diventando a tutti gli effetti quel poeta che mi ha visto crescere, che mi ha accompagnato nella mia formazione, in quel libro di letteratura di quarta liceo classico che tanto amavo.”

Queste sono le parole con cui il Prof. di letteratura, Annibale Corradino, si rivolse a mia madre. Sì quel ragazzo di cui parlava sono io; mi chiamo Matteo Lertoni, col tempo potrete chiamarmi Giacomo Leopardi. Non so nemmeno io come tutto sia iniziato, ho sempre odiato la scuola, sono stato bocciato per due anni consecutivi, materia preferita inesistente, voglia di studiare meno di zero, eppure da un giorno all’altro cambiò tutto.

Il Prof. Corradino aveva assegnato agli studenti con evidenti difficoltà un compito: “Per domani studiate un poeta, non mi importa che poeta, l’importante è che dovete saperlo bene, chiunque esso sia! Altrimenti anche quest’anno la mia materia vi porterà nel limbo della bocciatura”; quelle parole mi entrarono da un orecchio e clamorosamente non uscirono dall’altro. Ero veramente stanco di entrare in casa e vedere quella povera donna incastonare le lacrime con il suo sudore per farmi avere tutto. Non mi hanno mai fatto mancare niente i miei genitori, papà, per lavoro, non si vedeva mai, ma mamma faticava per quattro ed investiva su di me tutti i suoi guadagni, anche solo per comprarmi capricci rivestiti da videogiochi e futili accessori tecnologici. Fu proprio quel giorno che maturai leggermente e decisi persino di svolgere il compito assegnato dal Prof.; per sicurezza mi misurai anche la febbre, quegli atteggiamenti non mi appartenevano. Mi misi a pensare ad un qualsiasi poeta, pensai subito a Fabio Volo, Nanni Moretti e Gigi D’Alessio, peccato che nessuno di loro fosse valido per il mio compito, allora aprii il libro e cercai…

No scherzo, presi in mano il mio telefono e cercai subito su internet la storia di qualche poeta, mi apparvero davanti vari poeti, in primis Dante Alighieri e Ugo Foscolo, ma uno in particolare mi colpì, occhi celesti, camicia bianche e giacca blu. Scelsi lui, Giacomo Leopardi. Su internet mi si aprì un mondo infinito, pieno di novità, una scoperta continua, questa full immersion nella vita di Giacomo mi stava prendendo sempre di più. Mi piacevano proprio la vita e le avventure di quel ragazzo; i vari spostamenti, la cultura, i sogni e le ambizioni di quel giovane favoloso entrarono dentro di me, un giovane qualsiasi. Una serata volata in un attimo, sapevo quasi tutto sul poeta, ma i miei occhi non riuscivano più a contenere la fame di conoscenza della mia mente, crollai sul letto e buonanotte.

Che strano sogno pensai, ero isolato in una stanza bianca ove al centro si trovava situato un banco color legno, vecchio, molto vecchio, mi avvicinai lentamente al banco e notai anche un quaderno sopra di esso, vuoto. Non avevo ne’ una penna, ne’ idea di cosa dovessi scrivere o di cosa dovessi farci con quel quaderno; mi soffermai a fissare le pagine vuote e prive di emozioni, fin quando, ad un tratto, il quaderno prese fuoco e dietro di me si avvicinò un signore, sui 40 anni e veramente basso…

“È inutile continuare a scrivere su pagine di quaderni, ormai tutto ciò ha perso la sua importanza; le novità suscitano interesse; Matteo, tu puoi riaccendere queste passioni per i tuoi coetanei! Realmente non mi riconosci? Sono Giacomo, eppure è tutto il giorno che mi studi”. Rimasi muto, non sapevo che dire, la superficialità delle mie parole avrebbero fatto allontanare il poeta, mi limitai a domandare: << Ed io che c’entro? >> Mi rispose subito Giacomo: << Mi hai invocato tu, sai da quanto tempo non vedevo un giovane interessarsi così a me e la mia vita? >> Stetti zitto, a parlare ci pensava lui; era dentro il mio sogno, ma era anche dentro di me… prima di svegliarmi Giacomo mi esclamò: << Sappi che non sarai più lo stesso! Salva la poesia, salva la cultura… >>Mi svegliai di colpo, erano le 7.50 ed ero in ritardo per l’interrogazione. Mi vestii senza pensare al mio abito e alle mie condizioni fisiche, arrivai a scuola e vidi tutti i miei compagni ridere, all’improvviso avevo perso anche il mio spessore di ragazzo “cool” all’interno della scuola, tutti mi prendevano in giro; mi gettai nella prima stanza disponibile, era il bagno, e mi guardai allo specchio… ero vestito esattamente come Leopardi in quella foto che tanto mi aveva preso, rimasi scioccato, toccai l’apice quando dal bagno uscì Luca, uno dei miei migliori amici, ma non era per niente vestito da Luca, era vestito da Dante Alighieri, situazione imbarazzante. Mi interessai ugualmente alla questione e mi accorsi che non era Luca ma il vero e proprio Dante che mi disse: “Scrivi ciò che ti senti, ma in modo adatto”. Nel frattempo la mia mente immagazzinava nozioni che non avevo mai appreso in 13 anni di scuola, imparai senza saperlo 3 lingue, il francese,il greco ed il latino. Uscii dal bagno e mi piombò subito davanti un altro mio amico, Mirko, lo guardai bene e non notai somiglianze con nessuno. Mentre si avvicinava a me stava entrando in simbiosi con un certo Ugo Foscolo, nel frattempo nella mia testa si andarono ad aggiungere parole, espressioni, frasi e traduzioni di cui non avevo mai sentito parlare prima. Foscolo mi disse solo: “I telefoni stanno prendendo il posto dei libri, ti prego aiuta a rendere eterna questa passione, fai qualcosa!” Io non sapevo davvero come comportarmi, scappai verso la classe. La mia testa stava esplodendo, era come se tutto ad un tratto avessi ingoiato migliaia di libri di italiano e dizionari vari, sapevo tutto su qualsiasi argomento, piano piano iniziai a sentire anche dei dolori alla schiena, ma non ebbi tempo per pensare anche a quello, dovevo farmi interrogare. L’interrogazione fu un exploit magnifico sulla vita di Leopardi: raccontai per filo e per segno l’intera vita del poeta, il professore rimase senza parole. I compagni, assorbiti dall’uso del cellulare, non si accorsero nemmeno della mia interrogazione che terminò proprio col suonare della campanella.

Tutti scapparono fuori, io aspettai un attimo il commento del professore, che però non arrivava; ruppi quel silenzio assordante che si era creato… << Professore, la sufficienza, non chiedo altro… >> Si tolse gli occhiali e rispose: << Non posso darti la sufficienza, sono costretto a darti direttamente il voto massimo, dieci! Ma tu non sei Matteo, tu sei… >>La voce del Prof. iniziò a tremare leggermente << Non può essere; io ti ho studiato, tu sei morto, non esistono reincarnazioni o cose del genere, sono sciocchezze!!! Ma tu non sei Matteo, tu sei… Il vero Giacomo Leopardi… >> Rimasi a bocca aperta persino io, ma ne ero consapevole… << Non so cosa sia successo, ho sognato il poeta e stamani ero praticamente lui, con il mio volto, ma ero lui, e lo sono tutt’ora! >>

Il dolore alla schiena divenne insopportabile, crollai a terra, e riapparve lui; da quando ho sognato Leopardi, lui è diventato il mio incubo. << Non sei felice di vedermi? Stai diventando esattamente come me, ti ho donato tutto me stesso. Aspettavo un degno erede, tu sei quello giusto. Purtroppo ci sono anche dei lati negativi, la tua schiena peggiorerà, tieni duro figliuolo. >> Pensai: perché tutto ciò a me, cosa ho fatto di male?! Era meglio se non studiavo quel giorno! Poi gli dissi: << Giacomo, perdonami, ma non sono io quello adatto, io non me la sento di prendere il tuo posto, non posso accettare un’eredità così pesante. Mi dispiace. >> Leopardi scosse la testa e chiuse il discorso. << Dispiace a me, ormai non posso più tornare indietro; appena ti alzerai, tu sarai Giacomo Leopardi, io è come se non fossi mai esistito, scompariranno le mie opere e con loro il ricordo di quel “giovane favoloso”. Sarò vivo solo nella tua testa, con la mie nozioni, la mia cultura, la mia passione; unendo tutto ciò con la tua mentalità moderna riusciremo a rendere importante la poesia nei giovani di oggi. Addio. >> In un attimo riaprii gli occhi, ero seduto sulla sedia del mio banco di scuola. << Io, Matteo, con la testa di Giacomo Leopardi cosa ci faccio? >> Nel frattempo il Prof. Corradino mi chiese: << Lertoni, come sempre lei non ha fatto nulla? Oppure intende sorprendermi? >>

Ma come? Io ero già stato interrogato; forse, cadendo, avevo preso una botta troppo forte in testa, magari mi ero immaginato tutto. << Prof. io porto il poeta Giacomo Leopardi >> Mi rispose: << Chi?! Lertoni, smettila di inventare argomenti, anche quest’anno mi sa che l’anno scolastico si chiude con una bocciatura. >> Ciò che aveva detto Leopardi si era avverato, non esisteva più nulla di suo, le avevo solo io in testa le sue opere, lo Zibaldone, gli Idilli, L’infinito, A Silvia, tutto era nella mia mente e non aveva nessun valore per gli altri. Io mi ero innamorato inizialmente delle poesie del poeta, decisi così di riproporre la bellezza della poesia leopardiana nel 2018, non per soldi, anche per questo, ma soprattutto per liberarmi, avevo troppo materiale in testa.

Iniziai a scrivere, per qualche giorno, senza fermarmi, saltando scuola e mangiando a stento. Anni di studio riproposti in qualche giorno di scrittura matta e disperatissima. Erano le 22, avevo appena terminato di scrivere tutto ciò che sapevo su Leopardi, e ora!? Che dovevo fare? Chi è che poteva aiutarmi? Mi venne in mente solo il Prof. Corradino. Mandai via e-mail le opere al professore, firmate Matteo Lertoni… aspettai una sua risposta, essa arrivò due giorni dopo: “Dobbiamo incontrarci, domattina, tanto ho notato che a scuola non vieni più. Vieni a casa mia, abito nel palazzo di fronte l’istituto scolastico, non mancare perché ho bisogno di incontrarti.” La mattina seguente non esitai ad andare dal professore, suonai, ma la porta era già aperta. Entrai in casa del prof., lui era chino sulla scrivania, sudato e, inconsapevole della mia presenza, esclamava: << Io l’ho già lette queste cose, ma dove? DOVEE?! >> Si accorse di me, mi venne incontro e disse: << Chi sei? Matteo dov’è? Tu non sei lui, ma non riesco a capire chi sei, io sono sicuro di aver già letto queste cose. >> Spiegai dall’inizio alla fine la mia storia al professore, e fu proprio lì, in quel momento, che il Prof. si illuminò, sorrise e disse: << Ma certo che sei te. Ora tutto mi è chiaro, come ho fato a dimenticarmi di te?! Quella foto sul libro… Sei identico, ma le tue opere non esistono più, e di questi tempi non verrebbero mai apprezzate. >> Le parti si invertirono, mi illuminai io, pensai che magari riscrivere le poesie in chiave moderna, come mi aveva detto Giacomo, poteva essere l’unica soluzione per riavvicinare la poesia al mondo di oggi. Andai via, scappai da quello studio, mi rifugiai in campagna, da solo a 18 anni. Mia madre non ne sapeva niente, il Prof. nemmeno. I miei amici? Non esistevano più, esisteva solo la poesia.

Tutti mi stanno cercando, tutti stanno cercando Matteo, ma io non sono Matteo, io sono Giacomo Leopardi! Passai giornate infernali senza sapere quale opera riscrivere, in quei pochi giorni; mi arrivarono chiamate, alle quali non risposi, messaggi; magari ci saranno state anche segnalazioni alla polizia, ma non potevo tornare indietro, davanti a me avevo solo questa siepe, ed io ero seduto su una collina, fu proprio li che divenne obbligatorio trascrivere L’infinito e farlo conoscere tutti.

Il tempo scorre, sembrano secoli

la tecnologia avanza con dietro

fin troppi discepoli.

Ora ciò che mi appare più scuro

vago ed indefinito,

io lo cerco su google è sicuro

che tanto a che serve quel libro.

La famiglia fa sforzi, fin troppo grossi,

se odi te stesso, almeno fallo per loro

evita i rimorsi,

non so l’alfabeto ma esulto se siamo promossi,

il giorno dopo i file li ho tutti rimossi,

che a me non importa sapere che ho fatto,

mi basta vedere mia madre felice e i suoi occhi.

Non esistono più sacri silenzi

posti perfetti, dove stare calmi,

colli dove sederti.

La famiglia povera non ha nulla per cena,

c’è solo una generazione alla frutta,

ma nonostante ciò il padre si spacca la schiena,

per comprare al figlio lo smartphone con dietro la mela.

E forse mancano i concetti, quelli veri.

Spero che oltre alle parole, ti arrivino i miei pensieri.

La cultura non la barattare con il tempo perso,

il tempo libero è importante, ma va sfruttato,

lo stai usando bene, quando pensi, quando scrivi, quando leggi.

Sei sempre in tempo, sei all’inizio del tuo viaggio

leggi questo testo, come scialuppa di salvataggio,

non te ne accorgi che l’ignoranza è come il mare,

trasmette ansia, e tu stai per annegare,

fai della poesia il tuo ossigeno,

e potrai sempre respirare.

Dopo mandai per e-mail questa poesia al Prof. scrivendo anche : “Prof. parli Lei con mia madre, non so quanto resisterò, la malattia mi sta uccidendo. Porti in alto questa poesia, il nome di Leopardi deve rinascere, un abbraccio. Matteo” Inviata l’e-mail decisi di scendere dalla collina, mi incamminai verso il paese qui vicino, vicino Recanati, entrai in un fast-food, con gli ultimi spiccioli rimasti, consumai il mio ultimo pasto perché il mio corpo era fin troppo debole, il mio cuore era debole, la mia schiena era debole, io ero debole. Il peso dell’anima di Leopardi, il suo mondo culturale e la sua malattia mi schiacciarono a terra. Steso in mezzo ad altre persone in un misero fast-food, che brutta fine, chiamarono l’ambulanza, fui ricoverato all’ospedale di Recanati. Mi ritrovarono i miei parenti, mi vennero a trovare i miei amici, ma l’ultima visita fu proprio quella del Prof. Corradino. Sentii che raccontava a mia madre della mia somiglianza con Giacomo Leopardi, pur sapendo che lei non sapeva minimamente di cosa stesse parlando, entrò dentro la stanza, venne verso di me e sussurrò: << Fidati, sarà un successone, non mi puoi abbandonare adesso, dobbiamo riscrivere ancora un sacco di opere, questa è la prima di un’infinità di… >> Lo interruppi io, il libro della mia vita stava per volgere al termine… << Io sono solo uno, uno qualsiasi, un giovane qualsiasi, si fidi, la mia poesia riaccenderà il fuoco dell’arte in altri come è accaduto con me. >>

Corradino tirò fuori dalla tasca la poesia, dicendo: << Matteo, manca la firma qui, come va firmata? Giacomo o Matteo? Non ne ho idea. >> I miei occhi si chiusero, stavo per esalare l’ultimo respiro, ma gli risposi: << La firmi: ” Un giovane qualsiasi.” >> Qualche secondo di silenzio, le lacrime scorrevano sui miei zigomi, era realmente la fine.

<< Addio, Annibale, non veggo più luce. >>

FINE

 

Manuele Giustini 5MAI